Pensioni: non sempre le somme indebitamente percepite devono essere restituite

Date of article: 03/07/2015

Daily News of: 06/07/2015

Country:  Italy - Lombardy

Author: Regional Ombudsman of Lombardy

Article language: it

Si è rivolta al Difensore regionale una signora, già titolare di una pensione diretta, che  nel gennaio 2015 ha ricevuto una comunicazione da parte di INPS con la quale le veniva  richiesto il rimborso di una cifra indebitamente erogata superiore ai 40.000 euro. La somma non dovuta le era stata corrisposta sin dal gennaio 2012 a causa di un errore nel calcolo del cumulo tra la pensione di reversibilità del marito e la pensione che già percepiva. Le veniva inoltre comunicato che l’importo corretto dell’assegno mensile era di 1.070 Euro, praticamente la metà rispetto a quanto percepiva,  e che la restituzione del debito sarebbe stata dilazionata in rate da 800 Euro per  196 mensilità (16 anni!).

La signora si è recata prontamente in un patronato per presentare un ricorso amministrativo per il ricalcolo di una rata che potesse consentirle di far fronte agli impegni economici nel frattempo assunti .

Contemporaneamente il Difensore regionale, verificato che a norma delle leggi vigenti la signora non avrebbe dovuto restituire nessun indebito,  è intervenuto  presso INPS perché riesaminasse con tempestività la situazione debitoria della richiedente, considerato che l’assegno del mese successivo sarebbe già stato decurtato di 800 Euro.

L’ufficio dell’INPS interpellato ha effettivamente agito con sollecitudine, riconoscendo l’errore e bloccando il recupero dell’indebito. La signora ora riceve la somma mensile che avrebbe dovuto ricevere già nel 2012, ma non deve restituire quanto ricevuto in precedenza, anche se non le era dovuto.

E’ utile sapere che…

l’INPS procede annualmente alla verifica dei redditi dei pensionati e se riscontra modifiche che hanno incidenza sul diritto o sulla quantificazione dell’assegno pensionistico, entro l’anno successivo provvede al recupero di quanto eventualmente pagato in eccedenza come disposto dall’articolo 2033 del Codice civile. Questo è tuttora ritenuto il tempo tecnico indispensabile perché l’INPS possa acquisire i dati necessari ed effettuare le verifiche contabili.

La stessa INPS però, nella sua circolare n. 31 del 2006, con l’obiettivo di “(…) ridurre i rischi ed i conseguenti disagi sociali di un intervento di recupero delle prestazioni in eccedenza” presumendo che un pensionato abbia utilizzato gli importi indebitamente percepiti per soddisfare esigenze primarie di vita, ha individuato i presupposti per la sanatoria delle erogazioni indebite di prestazioni pensionistiche.

In generale, la ripetizione (la richiesta di restituzione) dell’indebito è esclusa se la situazione di fatto non è addebitabile al percettore della prestazione: se il pensionato non ha agito con dolo non è tenuto alla restituzione delle somme non dovute, sempre che queste non gli siano state richieste nell’arco di tempo massimo che l’ente erogatore si riserva per effettuare le verifiche contabili, ossia due anni solari.

In particolare, per il caso trattato, vale la disciplina dell’art. 13 della legge 412/91 per i pagamenti indebiti di pensione effettuati dal 1° gennaio 2001. La legge prevede che “L’omessa od incompleta segnalazione da parte del pensionato di fatti incidenti su diritto o sulla misura della pensione goduta, che non siano già conosciuti dall’ente competente, consente la ripetibilità delle somme indebitamente percepite.”

In questo caso, INPS era certamente a conoscenza dell’ammontare della pensione diretta della signora quando ha iniziato ad erogarle anche la pensione di reversibilità e le ha comunicato  il nuovo importo e quindi non era certo compito dell’interessata comunicare all’INPS informazioni già in suo possesso.

Per questo motivo, e per la richiesta di restituzione oltre i termini stabiliti, l’INPS ha correttamente annullato la restituzione dell’importo non dovuto.

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